Fiandre, probabilmente Enghien, XVI sec. (Ultimo quarto)
Altezza cm.310, larghezza cm. 455.
In uno scenario idilliaco dove ai limiti di un fitto bosco con querce ed altri alberi carichi di frutti scorre un ruscello, due fiere si ghermiscono in primo piano. Una coppia di aironi che stava bagnandosi nelle acque del rivo dinanzi a loro, spaventata dall’accaduto apre le ali come per spiccare il volo. Tutt’intorno, senza grandi effetti di profondità, si sviluppa un ricco sottobosco composto da ciuffi erbosi e pianticelle, alternato a radure animate qua e 1a da coppie di animali di varie specie (cervi, orsi, capre) rese con naturalezza. Sul fiume, in secondo piano, due uomini in una barca pescano con le reti, mentre un terzo personaggio sulla sponda sinistra tira con una corda l’imbarcazione verso riva. In lontananza alle pendici delle colline vicino al corso d’acqua si scorgono, sulla sinistra, delle capanne.
La scena è incorniciata da una bordura a fondo giallo decorata sui lati verticali con festone, di fiori, frutti e foglie, intrecciato con barre metalliche ricurve inframmezzate da mascheroni e protomi leonine. La composizione, nascente da anfore sorrette da un basamento posto nell’angolo in basso, è interrotta alla metà circa da un’edicola che racchiude un piccolo personaggio maschile barbuto, raffigurato in piedi, vestito all’antica con un ampio mantello blu e coronato d’alloro. Nell’angolo in alto una civetta, entro un’edicola più piccola e di foggia diversa dalla precedente, chiude 1a composizione. Sui lati orizzontali ciuffi di fiori, frutti e foglie s’intrecciano con maglie dorate che, simmetricamente, inseriscono teste leonine e pappagallini variopinti.
Due piccoli bordi corrono all’interno e all’esterno della cornice principale. Il primo, a fondo giallo, è decorato con un semplice nastro avorio intrecciato con perle intervallate da fiori cruciformi. Il secondo più geometrizzante, con ritmi regolari inserisce in un fregio analoghi fiorellini circolarmente delimitati, su di un fondo a campiture gialle, celesti e blu alternate.
Tranne qualche raro tocco di rosso utilizzato per dare risalto ai frutti sia nella scena principale che nella bordura, l’arazzo presenta una limitata gamma cromatica giocata prevalentemente sull’abbinamento di toni pacati blu, verde, beige, bianco, giallo e marone. Effetto che viene accentuato dall’alta percentuale di lana impiegata per la tessitura.
Soggetti analoghi oggi indicati come “game park” furono molto diffusi, a partire dalla seconda metà del XVI sec. nelle manifatture d’oltralpe e, in modo particolare nelle arazzerie fiamminghe di Bruxelles, Enghien e Oudenaarde. La datazione dell’arazzo in esame dovrebbe dunque aggirarsi intorno all’ultimo quarto del XVI secolo.
I temi illustrati, pur nelle moltissime variazioni, indulgono sempre nella piacevole rappresentazione di personaggi e animali che bene si accordano nel contesto della narrazione con rigogliosi giardini o selve pittoresche. La maggior parte di questi panni celavano spesso nelle loro raffigurazioni significati allegorici cari alle corti della Rinascenza. Per questo nei numerosi esemplari giunti fino a noi vi figurano caccie o fra animali simbolici o fantastici personificazioni, mitico, dell’antitesi e virtù.
Il nostro arazzo con 1a sua particolare rappresentazione faunistica basata essenzialmente su “armoniose” coppie di animali della stessa specie, sembra piuttosto richiamarsi alle illustrazioni cinquecentesche del “Priscorum hominum vita” di Vitruvio e al tema biblico del giardino dell’Eden magnificamente reso nella serie delle “Storie della Creazione” tessute a Bruxelles da J. De Kempeneer intorno alla metà del XVI sec. (Firenze, Galleria dell’Accademia). Le stesse fiere in primo piano, le uniche colte con la muscolatura tesa e le fauci aperte, più che in di lotta sembrano intente in un assalto amoroso, stando così a sottolineare l’indicazione divina alla moltiplicazione della specie.
Mancando sulla cimosa la marca della città, la provenienza dell’arazzo non è documentabile con certezza tutta via bordure simili (principali e secondarie) sono riscontrabili in due arazzi di analogo soggetto, pubblicati nel catalogo della “Les fastes de la Tapisserie. Du XV au XVIII siècle”, Parigi, 1984, alle pp. 31 e 32, attribuiti da Nicole Pazzis-Chevalier alla manifattura di Enghien a cui, con molta probabilità, è attribuibile anche il nostro manufatto.
Bibliografia:
AA.VV., Les fastes de 1a Tapisserie. Du XV au XVIII siècle, (cat. Mostra), Parigi 1984.
J. Boccara, Ames de laine et de soie, Saint-Just- en Chaussée, 1988.
E. Panofsky, Studi di Iconologia. I temi umanistici nell’arte del Rinascimento, Torino, 1975.